Archivio Belluccidesign

Progettazione grafica editoriale [Archivio 1996/2015]

Ludus, la maschera e la vertigine

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“I marine di Full Metal Jacket tornano all’accampamento dopo un giorno di battaglie e morte cantando la sigla dei cartoni animati: la battaglia che li ha consacrati uomini li restituisce bambini. Dunque chi è il soggetto dell’agon? Chi il guerriero, chi l’eroe, chi il vincitore, chi il vincente?”

Passi di Chi vince non sa cosa si perde di Stefano Bartezzaghi

La mostra avrà luogo nei locali della Rocca Aldobrandesca di Piancastagnaio, con inaugurazione venerdì 6 dicembre 2024 e chiusura prevista per il 30 aprile 2025. Lo spazio espositivo si articolerà su tre vani, di cui uno soppalcato, nella sezione della “prigione” al piano rialzato, accessibile tramite ascensore, e altre sette stanze distribuite sui quattro piani della torre. L’ultimo piano della torre offrirà al visitatore una suggestiva terrazza panoramica. La mostra si estenderà su circa 350 metri quadrati, e ospiterà oltre 40 opere, includendo lavori già esposti nella precedente mostra “del ludico dunque gioco” e nuove opere, alcune di queste site-specific create per l’occasione.
La mostra “Ludus – la maschera e la vertigine” è un’evoluzione della precedente esposizione “Del ludico dunque gioco”, realizzata la scorsa estate presso Yurta-Relazioni Culturali a Serre di Rapolano. Questo innovativo allestimento si arricchisce ulteriormente grazie al contributo e alle opere (alcune inedite) di 17 nuovi artisti e alla suggestiva location della Rocca Aldobrandesca, con oltre 40 opere esposte e di cui alcune site-specific. 
La mostra Ludus rappresenta un’occasione per coinvolgere non solo artisti, appassionati e curiosi, ma anche giovani studenti delle scuole del territorio, offrendo loro un accesso al mondo dell’arte. Attraverso l’uso di didascalie parlanti, si intende descrivere le opere con una ecfrasi chiara e concisa, arricchita da brevi note biografiche sugli artisti. Questo approccio fornirà un percorso educativo che permetterà ai visitatori, in particolare ai giovani, di sviluppare un pensiero critico e una riflessione personale sulle opere.
Pur non potendo essere esaustivi, i testi accompagneranno il pubblico alla scoperta delle opere, riducendo il senso di smarrimento che talvolta può emergere di fronte ad opere di arte contemporanea.
Questo progetto è inserito in una rassegna annuale dal titolo “AM[i]ATA ARTE, culture contemporanee. Ogni anno, tra novembre e dicembre, si terrà una mostra con tematiche che cambieranno di volta in volta. L’intero programma della rassegna sarà presentato prossimamente dal Comune di Piancastagnaio 

Una mostra sul gioco, realizzata in una Rocca del Quattrocento, dove il concetto stesso di gioco – inteso come svago, relax e socializzazione – era interdetto o, quantomeno, poco adatto, potrebbe sembrare un’idea assurda o persino ironica. D’altronde, questa rocca era destinata esclusivamente alla prigionia o alla difesa della Val d’Orcia dai continui attacchi degli assalitori. Ogni pietra di questo castello è stata progettata per resistere all’occupazione e alla distruzione di qualsiasi nemico che volesse violarla.
La nostra proposta di una mostra sul gioco potrebbe, quindi, apparire a prima vista poco adatta a questo contesto. Tuttavia, riteniamo che questo splendido esempio di architettura bellica senese possa essere reinterpretato come un grande elemento ludico: uno spazio come un gioco di guerra, dove la posta in gioco non è la vita ma l’arte. Purtroppo, la guerra è stata, ed è tuttora, uno dei “giochi” prediletti dall’umanità, come dimostrano i conflitti attuali, dal Medio Oriente ai Paesi slavi (e non solo). Un gioco tragico, sanguinoso, mortale, inutile.
Crediamo che sia importante collocare questa mostra in una struttura del genere, non per una scelta casuale, ma perché il luogo stesso invita a una riflessione più complessa. Qui, le opere d’arte trovano una collocazione significativa e contrapposta rispetto al passato bellico del castello. Non fraintendeteci: non ci interessa proporre opere “pacifiste”, ma comprendere il valore universale che è intrinseco nell’opera d’arte, al di là di un messaggio effimero che può manifestarsi ai nostri occhi contemporanei limitati all’orizzonte percettivo del nostro sguardo. Marc Bloch riesce a darci una definizione esatta sulla limitata area del nostro sguardo contemporaneo affermando che “la storia non è un corteo che si osserva dall’alto e lo storico non è un signore che guarda il corteo dal suo balcone, al fine di descriverlo con esattezza e oggettività. Lo storico è un uomo come gli altri che cammina dentro al corteo, che si chiede che cosa sia accaduto nel corso di un viaggio lungo e accidentato; quale sia dunque la direzione e la meta del corteo stesso; in ultima istanza – se possibile – quale sia il senso definitivo del cammino.” (Caroli, p.12)

Le opere esposte nella mostra Ludus provano a dialogare con l’architettura militare della Rocca Aldobrandesca, trasformandola – almeno per la durata della mostra – in una wunderkammer di oggetti che ci parlano di gioco, dello stupore e del giocare, esclusivamente attraverso il linguaggio dell’arte.

Perché il gioco? Siamo partiti dai quattro punti che Roger Caillot traccia nel suo libro “Il gioco e gli uomini: la maschera e la vertigine”: l’agon, l’alea, la mimicry, l’ilinx. Sintetizzando i quattro punti: il gioco è un tema che permette a chiunque di immaginare mondi, di travestirsi in qualsiasi forma (MIMICRY); di partecipare a sfide e competizioni (AGON); di liberarsi dalle catene fisiche e mentali, abbandonandosi a giochi sfrenati (ILINX); di intrattenersi in qualcosa che apparentemente non ha alcun senso per la nostra sopravvivenza perché totalmente aleatorio (ALEA).
Il gioco, in sostanza, è una dinamica umana per eludere il ridicolo della vita reale. Il ridicolo è sempre presente nella nostra vita quotidiana; lo sperimentiamo ogni giorno e spesso siamo costretti a schivare i suoi schizzi, non sempre riuscendoci e subendone spesso le conseguenze. Gli uomini agiscono troppo spesso come un gregge compatto, seguendo comandi assurdi e comportandosi di conseguenza in maniera sciocca. Il gioco ci apre a una possibile semplificazione dell’assurdo, coinvolgendoci in sfide più o meno agonistiche dove le regole possono essere chiare, estremamente complesse o addirittura enigmatiche, ma sempre circoscritte al suo ambito d’azione. Tuttavia, c’è sempre la possibilità di uscire da qualsiasi gioco, interrompendo il flusso di piacere o vertigine e ritornando alla realtà. Nel gioco, abbiamo possibilità infinite e possiamo indossare qualsiasi maschera, imitando animali, spiriti, uomini d’affari, assassini, preti, montagne, cristalli, virus, aumentando le nostre facoltà fino all’infinito, con il potere di distruggere o creare, viaggiare nel tempo, diventare invisibili o immortali. L’insieme di regole che si stabiliscono in un gioco permette a chi le accetta di rimanere “in gioco”. La possibilità di barare è sempre presente, forse ricercata, ma a volte non soddisfa l’ego o non diverte, poiché è proprio nell’aderire pienamente e totalmente alle regole che si prova la massima soddisfazione nel giocare. Nella vita reale, barare, imbrogliare, falsificare è spesso considerato un vanto, una medaglia al valore che si sistema sul taschino di chi la fa franca, dell’imbroglione seriale, del mentitore di professione. L’onestà è spesso paragonata alla stupidità.
Il gioco, secondo Johan Huizinga, deriva da rituali ancestrali in cui gli uomini svolgevano cerimonie sacre o amministravano la giustizia in un luogo apposito, come un cerchio, dove chi entrava doveva rispettare delle regole. Nel gioco, così come nel rito e nell’estasi della creazione artistica, si crea una realtà altra, nel mondo ma non del mondo; uno spazio circoscritto e allo stesso tempo infinito, dove poter sperimentare e imparare la vita in tutte le sue manifestazioni. Come sanno bene tutti i bambini del mondo. Anche Jean Baudrillard delimita lo spazio arte-gioco in un ipotetico cerchio e scrive: “Siamo ancora capaci di «notare» la cornice del quadro, ultima differenza tra arte e mondo, ultimo confine tra simulacro e verità” (E.L. Francalanci, p.2). Nel libro Stile moderno, Georg Simmel scrive che “l’attenzione del filosofo, in questo caso, non si focalizza piú sul quadro o sulla statua, ma sulla cornice e il piedistallo, o su altri oggetti-soglia come il manico della brocca o i mobili di arredamento, in cui sfuma l’opposizione netta tra fruizione estetica e uso pratico.”

L’arte, dunque, è tutto ciò che sta intorno e dentro una cornice o in sua prossimità? L’opera, in piena autonomia (forse anche in autonomia da chi la crea), si forma e diventa arte, anche se si trova nell’“orizzonte degli eventi” dove ogni cosa può perdere senso e in cui non sembrano esistere cerchi o limiti, ma solo sfumature, nebbie, ectoplasmi. Chiunque abbia cercato di definire la parola “arte” si è sempre trovato a descrivere i confini in cui essa si materializza attraverso le opere degli artisti, ma nessuno è riuscito a darne una definizione netta, perché l’arte sfugge a ogni definizione.

Ogni uomo gioca, lo ha sempre fatto. Le antiche epifanie si sono poi dissolte nella più naturale arte di passare il tempo: l’arte di non annoiarsi. Gli uomini contemporanei, così come i nostri antichi progenitori, sembrano adorare la “serietà” del gioco della guerra rispetto alla noiosa inattività della pace. Tutto intorno a noi sembra cadere in questo vuoto pneumatico dove il gioco, da semplice passatempo, sarà sostituito dal gioco “maschio” della guerra, dove la posta in gioco è la morte dell’avversario o la nostra stessa vita. È nell’agonismo che l’uomo si riscopre competitivo; la sfida è tutta racchiusa nell’intimo interesse a scoprirsi immortali e a “mettersi in gioco” nell’azzardo del sangue. Il gioco può dunque vincere la morte? È un quesito carico di suggestioni filosofiche a cui noi non abbiamo una risposta. Il tessuto linguistico umano è intriso di locuzioni proverbiali, come “la posta in gioco”, “il gioco è bello quando dura poco”, “mi gioco la reputazione” e molte altre. Queste espressioni sono diffuse anche nelle altre culture, con infinite variazioni, ma il loro significato rimane inalterato.
Noi riteniamo che l’arte non sia affatto un gioco, ma piuttosto duro lavoro, responsabilità, fatica e spesso insuccesso, causa di forti delusioni. Tuttavia, non rinunciamo a “giocare”: ogni opera è un azzardo e un’epifania. La morte dell’arte non è mai avvenuta e non avverrà mai, come Hegel aveva ipotizzato. Nonostante tutto, l’uomo continuerà a creare. L’arte non ha nemici, o forse ne ha troppi, ma «noi daremo la mano ai nostri nemici», scriveva André Breton negli anni ’20, sottolineando l’importanza di combattere solo per la libertà e la qualità artistica senza lasciarsi trascinare dalla narrazione dominante del potere che vorrebbe imporre schieramenti artificiali, creando nemici inesistenti.

Ricordiamo che quest’anno si festeggiano i cento anni della prima edizione del Manifesto surrealista,1924/2024.
Il Manifesto surrealista del 1924 rimane un’opera rivoluzionaria, celebrando la vita, il sogno, l’amore, l’arte, la follia e la libertà contro la guerra e ogni potere oppressivo. 
Nel Surrealismo, il gioco diventa forma, e la forma è un gioco che si realizza oltre i singoli partecipanti. Il giocare insieme, abbracciando liberamente regole e segni, genera curiosità in uno spazio-tempo autonomo, capace di accogliere i misteriosi intrecci dell’esistenza e dell’esperienza. Per tutta la sua durata, la stagione surrealista si è prestata a Giochi molteplici.
Nel repertorio n. 5, Archives du surréalisme sono diciannove i giochi presentati come forme di vita collettiva, oggettivata e valorizzata. Nella lista aperta dei molti giochi inventati o rielaborati dai surrealisti (“L’un dans l’autre”,” Les animaux surréalistes”, “Jeu des syllogismes”, “Les cartes d’analogie”, ecc.3) il più inventivo e produttivo è quello de Cadavres exquis che il Dictionnaire abregé du surréalisme, definisce “gioco con carta piegata che consiste a far comporre una frase o un disegno da parte di parecchie persone senza che nessuna possa tener conto della collaborazione o delle collaborazione delle precedenti.” (P. Fabbri) 

LudusLa maschera e la vertigine 
Rocca Aldobrandesca di Piancastagnaio
Venerdì 6 dicembre 2024 / 30 aprile 2025
Inaugurazione dalle ore 16:30 – 6 dicembre 2024

Artisti partecipanti
Giorgia Accorsi, Paolo Angelosanto, Jacopo Bellucci, Dominic Blower, Saverio Bonelli, Stefano Boring, Polly Brooks, Mario Consiglio, Stefano Corti, Luca Costantini, Mirco Denicolò, Bruna Esposito, Liu Feng, Danilo Fiorucci, Gigi Fucchi, Benedetta Galli, Riccardo Gemma, Emanuele Giannetti, Fabio Giorgi Alberti, Gabriele Landi, Gianni Lillo, Irene Lupi, Serenella Lupparelli, Mimmo Manes, Miltos Manetas, Marco Montanari, Rinaldo Novali, Carole Peia, Vettor Pisani, Carlo Pizzichini, Sofia Ricciardi, Stephen Roach, Sophia Ruffini, Alessandro Secci, Yu Wang, Cai Xinmeng, Xu Zhenglong.

La mostra è a cura di:
Alessandro Bellucci 

Con la collaborazione di:
Angela Wang, YURTA Relazioni Culturali

Consulenza all’allestimento: 
Jacopo Bellucci, Emanuele Giannetti, Gianni Lillo

Ente Promotore 
Comune di Piancastagnaio

Ringraziamenti
Si ringrazia l’Associazione Visio aps di Siena, il centro YURTA Relazioni Culturali, lo Spazio Ulisse di Chiusi, lo spazio Sottopasso Ferroviario Sinalunga, Centralia U.C.A., il Centro per l’arte contemporanea Trebisonda di Perugia e Gloria Grazzini.  

Bibliografia

  • Ferdinand Aliquè, Filosofia del surrealismo, Francesco Tozzuolo Editore, 2021 
  • AA.VV., Il Gioco serio dell’arte, a cura di Massimiliano Finazzer Flory, Bur, 2013
  • Stefano Bartezzaghi, Parole in gioco, Per una semiotica del gioco linguistico, Bompiani, 2017
  • André Breton, Manifesti del Surrealismo, Einaudi, 2008
  • Roger Caillois, I giochi e gli uomini, la maschera e la vertigine, BUR, 2014
  • Flavio Caroli, Con gli occhi dei maestri, Mondadori, 2015
  • Morten H, Christiansen, Il gioco del linguaggio, Ponte alle Grazie, 2023
  • Julio Cortázar, (Rayuela) Il gioco del mondo, Einaudi, 2004
  • Fedor Dostoevskij, Il giocatore, Feltrinelli
  • Paolo Fabbri, Surrealisti in gioco: i segni e le regole, in Semiotica online, 2018, ultimo collegamento 31//10/2024 <https://www.paolofabbri.it/saggi/surrealisti-in-gioco-i-segni-e-le-regole/>
  • Ernesto L. Francalanci, Del Ludico, dopo il sorriso delle avanguardie, Mazzotta, 1982
  • Sigmund Freud, La battuta umoristica e la sua relazione con l’inconscio, Scripta Volant, 2023
  • Johan Huizinga, Homo ludens il gioco come funzione sociale, Il Saggiatore, 1972
  • Paola Dècina Lombardi, Surrealismo 1919-1969, Electa, 2022
  • P. Aldo Rovarti, Alessandro del Lago, Per gioco, Raffaello Cortina Editore 1995
  • Arturo Schwarz, Il Surrealismo ieri e oggi. Storia, filosofia, politica, Skira, 2014
  • Georg Simmel, Stile moderno, Saggi di estetica sociale, Einaudi
  • Valentina d’Urso, Giocare, il Mulino, 2012
  • Mauro Zanchi, Arte e gioco, in DOSSIER ART, Giunti, 2023