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Progettazione grafica editoriale [Archivio 1996/2015]

Del ludico dunque Gioco

Arte
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“Dunque, le varie categorie di gioco, l’agon (per definizione), l’alea, la mimicry, l’ilinx presuppongono non la solitudine, ma la compagnia. Tuttavia, si tratta per lo più di una cerchia necessariamente ristretta. Poiché si deve giocare uno alla volta e condurre il gioco come lo si intende personalmente e al tempo stesso come stabiliscono le regole, il numero dei giocatori, qualora tutti intervengano attivamente, non può moltiplicarsi all’infinito. Una partita non ammette che un numero limitato di partner, associati o no. Il gioco appare dunque spesso come un’occupazione di piccoli gruppi di iniziati o aficionados che si dedicano, in disparte e per pochi istanti, al loro divertimento preferito. Eppure, già la massa degli spettatori favorisce la mimicry, proprio come la turbolenza collettiva stimola l’ilinx e a sua volta se ne nutre.”

Passi di I giochi e gli uomini: La maschera e la vertigine di Roger Caillois

Del Ludico dunque Gioco
A cura di Alessandro Bellucci

6 luglio / 30 settembre 2024
Inaugurazione 6 luglio 2024 dalle ore 17:30
YURTA Relazioni Culturali – Via dei Manufatti,1 – Zona Industriale Sentino – Rapolano Terme (SI)

Paolo Angelosanto / Jacopo Bellucci / Francesco Bendini / Dominic Blower / Stefano Boring / Mario Consiglio / Luca Costantini / Gigi Fucchi / Riccardo Gemma / Emanuele Giannetti / Gabriele Landi / gianni Lillo / Mimmo Manes / Marco Montanari / Rinaldo Novali / Vettor Pisani / Carole Peia / Sophia Ruffini / Alessandro Secchi / Wang Yu /

Il titolo della mostra è un gioco di parole senza alcun senso, combinando i titoli di due pubblicazioni degli anni ’80: “Del ludico” di Ernesto Francalanci e “Gioco”, titolo del catalogo di una mostra tenutasi nella Villa di Basciano nel gennaio del 1983. Fra i partecipanti di quell’evento c’erano artisti del gruppo Tata, poeti come Nanni Balestrini, registi come Massimo Randone e compositori come Giuseppe Chiari.
Perché il gioco? Partendo dai quattro punti che Roger Caillot traccia nel suo libro “Il gioco e gli uomini: la maschera e la vertigine”, che sono: l’agon, l’alea, la mimicry, l’ilinx. Sintetizzando i quattro punti: il gioco è un tema che permette a chiunque di immaginare mondi, di travestirsi in qualsiasi forma: MIMICRY; di partecipare a sfide e competizioni: AGON; di liberarsi dalle catene fisiche e mentali, abbandonandosi a giochi sfrenati: ILINX; di intrattenersi in qualcosa che apparentemente non ha alcun senso per la nostra sopravvivenza perché totalmente aleatorio: ALEA. 
Il gioco, in sostanza, è una dinamica umana per eludere il ridicolo della vita reale. Il ridicolo è sempre presente nella nostra vita quotidiana; lo sperimentiamo ogni giorno e spesso siamo costretti a schivare i suoi schizzi, non sempre riuscendoci e subendone spesso le conseguenze. Gli uomini agiscono troppo spesso come un gregge compatto, seguendo comandi assurdi e comportandosi di conseguenza in maniera sciocca. Il gioco ci apre a una possibile semplificazione dell’assurdo, coinvolgendoci in sfide più o meno agonistiche dove le regole possono essere chiare, estremamente complesse o addirittura enigmatiche, ma sempre circoscritte al suo ambito d’azione. Tuttavia, c’è sempre la possibilità di uscire da qualsiasi gioco, interrompendo il flusso di piacere o vertigine e ritornando alla realtà. Nel gioco, abbiamo possibilità infinite e possiamo indossare qualsiasi maschera, imitando animali, spiriti, uomini d’affari, assassini, preti, montagne, cristalli, virus, aumentando le nostre facoltà fino all’infinito, con il potere di distruggere o creare, viaggiare nel tempo, diventare invisibili o immortali. L’insieme di regole che si stabiliscono in un gioco permette a chi le accetta di rimanere “in gioco”. La possibilità di barare è sempre presente, forse ricercata, ma a volte non soddisfa l’ego o non diverte, poiché è proprio nell’aderire pienamente e totalmente alle regole che si prova la massima soddisfazione nel giocare. Nella vita reale, barare, imbrogliare, falsificare è spesso considerato un vanto, una medaglia al valore che si sistema sul taschino di chi la fa franca, dell’imbroglione seriale, del mentitore di professione. L’onestà è spesso paragonata alla stupidità.
Il gioco, secondo Johan Huizinga, deriva da rituali ancestrali in cui gli uomini svolgevano riti o amministravano la giustizia in un luogo apposito, come un cerchio, dove chi entrava doveva rispettare delle regole. Anche Jean Baudrillard delimita lo spazio di un ipotetico cerchio e scrive: “Siamo ancora capaci di «notare» la cornice del quadro, ultima differenza tra arte e mondo, ultimo confine tra simulacro e verità.” L’arte, dunque, è tutto ciò che sta intorno e dentro una cornice o in sua prossimità? L’opera, in piena autonomia (forse anche in autonomia da chi la crea), si forma e diventa arte, anche se si trova nell’“orizzonte degli eventi” dove ogni cosa può perdere senso e in cui non sembrano esistere cerchi o limiti, ma solo sfumature, nebbie, ectoplasmi. Chiunque abbia cercato di definire la parola “arte” si è sempre trovato a descrivere i confini in cui essa si materializza attraverso le opere degli artisti, ma nessuno è riuscito a darne una definizione netta, perché l’arte sfugge a ogni definizione.

Ogni uomo gioca, lo ha sempre fatto. Il gioco deriva da antichi riti ancestrali poi dissolti nella più naturale arte di passare il tempo: l’arte di non annoiarsi. Gli uomini contemporanei, così come i nostri antichi progenitori, sembrano adorare la “serietà” del gioco della guerra rispetto alla noiosa inattività della pace. Tutto intorno a noi sembra cadere in questo vuoto pneumatico dove il gioco, da semplice passatempo, sarà sostituito dal gioco “maschio” della guerra, dove la posta in gioco è la morte dell’avversario o la nostra stessa vita. È nell’agonismo che l’uomo si riscopre competitivo; la sfida è tutta racchiusa nell’intimo interesse a scoprirsi immortali e a “mettersi in gioco” nell’azzardo del sangue. Il gioco può dunque vincere la morte? È un quesito carico di suggestioni filosofiche a cui noi non abbiamo una risposta. Il tessuto linguistico umano è intriso di locuzioni proverbiali, come “la posta in gioco”, “il gioco è bello quando dura poco”, “mi gioco la reputazione” e molte altre. Queste espressioni sono diffuse anche nelle altre culture, con infinite variazioni, ma il loro significato rimane inalterato.

Noi riteniamo che l’arte non sia affatto un gioco, ma piuttosto duro lavoro, responsabilità, fatica e spesso insuccesso, causa di forti delusioni. Tuttavia, non rinunciamo a “giocare”: ogni opera è un azzardo e un’epifania. La morte dell’arte non è mai avvenuta e non avverrà mai, come Hegel aveva ipotizzato. Nonostante tutto, l’uomo continuerà a creare. L’arte non ha nemici, o forse ne ha troppi, ma «noi daremo la mano ai nostri nemici», scriveva André Breton negli anni ’20, sottolineando l’importanza di combattere solo per la libertà e la qualità artistica senza lasciarsi trascinare dalla narrazione dominante del potere che vorrebbe imporre schieramenti artificiali, creando nemici inesistenti.

Ricordiamo che quest’anno si festeggiano i cento anni della prima edizione del Manifesto surrealista, 1924/2024. Il Manifesto surrealista del 1924 rimane un’opera rivoluzionaria, celebrando la vita, l’amore, l’arte, la follia e la libertà contro la guerra e il potere costituito. 

Alessandro Bellucci

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La mostra sarà visitabile dal 7 luglio al 30 settembre 2024, su appuntamento
Contatti per Appuntamenti e Informazioni  
yurta.r.c@outlook.it  
Tel.: +39 340 1665528 / +39 347 9459108

  • Bibliografia suggestiva
  • Johan Huizinga, Homo ludens il gioco come funzione sociale, Il Saggiatore, 1972
  • Roger Caillois, I giochi e gli uomini, Bur, 2014
  • André Breton, Manifesti del Surrealismo, Einaudi, 2008
  • Ernesto L. Francalanci, Del Ludico, dopo il sorriso delle avanguardie, Mazzotta, 1982
  • Mauro Zanchi, Arte e gioco, DOSSIER ART, Giunti, 2023
  • AA.VV., Il Gioco serio dell’arte, a cura di Massimiliano Finazzer Flory, Bur, 2013
  • Stefano Bartezzaghi, Parole in gioco, Per una semiotica del gioco linguistico, Bompiani, 2017
  • Arturo Schwarz, Il Surrealismo ieri e oggi. Storia, filosofia, politica, Skira, 2014
  • Paola Dècina Lombardi, Surrealismo 1919-1969, Electa, 2022
  • Ferdinand Aliquè, Filosofia del surrealismo, Francesco Tozzuolo Editore, 2021